Cenni sul GAP: Gioco d’Azzardo Patologico
Recentemente il gioco d’azzardo, così come viene comunemente definito, ha suscitato molto interesse sia in ambito clinico che sociale, occupando anche spazi sempre maggiori nei fatti di cronaca. Agli inizi degli anni ’80 del Novecento il gambling viene inserito nella terza edizione del Diagnostic Statistic Manual (DSM) ad opera dell’American Psychiatric Association (APA), che ne ufficializzò l’ingresso nel novero delle malattie mentali, precisamente nella categoria del disturbo del controllo degli impulsi. L’inquadramento psichiatrico del gioco d’azzardo (GAP) viene assimilato anche al concetto di addiction; con la stesura della quinta versione del manuale sopra citato (DSM V), infatti, il gioco d’azzardo viene inserito nella categoria dei “Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction”, comportamenti, cioè, in cui non è coinvolta l’assunzione di sostanze chimiche, ma in cui attività lecite e socialmente riconosciute (come shopping, gioco d’azzardo, uso di Internet, lavoro, sesso, relazioni sentimentali) vengono etichettate come “patologiche”. Il quadro sindromico del Gioco d’azzardo patologico proposto dall’APA presenta, infatti, alcune componenti fondamentali della tossicodipendenza, secondo il modello medico: tolleranza, astinenza, carving, riflettendo l’evidenza che i comportamenti legati al gioco d’azzardo riescono ad attivare sistemi di ricompensa simili a quelli attivati dalle sostanze di abuso e producono alcuni sintomi comportamentali che sembrano comparabili a quelli prodotti dai disturbi da uso di sostanze. E’ tuttavia doveroso considerare anche le componenti sociali e culturali di questo fenomeno, includendo anche il contesto entro il quale si sviluppa per una maggiore comprensione. Il solo approccio medico annullerebbe la possibilità di scelta tipica di ogni azione umana, escludendo anche l’assunzione di responsabilità nell’intraprendere una scelta.
Nell’ultima versione del Manuale Statistico Diagnostico (DSM-5 TR, 2023) il disturbo da gioco d’azzardo viene definito come un comportamento problematico persistente o ricorrente legato al gioco d’azzardo che porta disagio o compromissione clinicamente significativi, come indicato dall’individuo che presenta quattro (o più) delle seguenti condizioni entro un periodo di 12 mesi:
- Ha bisogno, per giocare d’azzardo, di quantità crescenti di denaro per ottenere l’eccitazione desiderata.
- È irrequieto/a o irritabile se tenta di ridurre o di smettere di giocare d’azzardo.
- Ha fatto ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o smettere di giocare d’azzardo.
- È spesso preoccupato/a dal gioco d’azzardo (per es., ha pensieri persistenti che gli/le fanno rivivere passate esperienze di gioco d’azzardo, analizzare gli ostacoli e pianificare la prossima avventura, pensare ai modi di ottenere denaro con cui giocare d’azzardo).
- Spesso gioca d’azzardo quando si sente a disagio (per es., indifeso/a, colpevole, ansioso/a, depresso/a).
- Dopo aver perduto denaro al gioco d’azzardo, spesso torna un’altra volta per ritentare (“rincorrere” le proprie perdite).
- Mente per occultare l’entità del coinvolgimento nel gioco d’azzardo.
- Ha messo in pericolo o perduta una relazione significativa, il lavoro, opportunità di studio e di carriera a causa del gioco d’azzardo.
- Conta sugli altri per procurare il denaro necessario e risollevare situazioni finanziarie disperate causate dal gioco d’azzardo.
Il comportamento legato al gioco d’azzardo non è meglio spiegato da un episodio maniacale.
Modelli interpretativi
Le teorie psicoanalitiche
Le teorie psicoanalitiche, o più in generale psicodinamiche, sul GAP rappresentano uno dei primi tentativi di svincolarlo dalla rappresentazione di vizio o devianza, per ridefinirlo come sintomo nevrotico originato da una conflittualità intrapsichica.
I contributi in merito traggono origine dallo scritto di Freud Dostoevskij e il parricidio (1927), dove afferma che la ragione più frequentemente riportata dai giocatori per giustificare la loro passione del vincere denaro sarebbe solo una copertura dei reali motivi inconsci. Lo stesso Dostoevskij ammette che i giocatori accaniti mantengono la loro abitudine nonostante la perdita di ingenti somme di denaro. L’indagine psicoanalitica di Freud ha individuato due principali motivazioni inconsce del GAP: (a) il bisogno di punizione, legato al senso di colpa di origine edipica e (b) l’equivalenza simbolica fra gioco e masturbazione (NOTA: “la febbre del gioco è realmente un equivalente dell’antica coazione all’onanismo; quando i bambini manipolano i loro genitali con le mani si usa dire che “giocano”, appunto, con essi. L’irresistibilità della tentazione, i solenni proponimenti mai mantenuti di non farlo mai più, il piacere che stordisce e la cattiva coscienza che si sta rovinando si sono conservati immutati nel “giuoco” sostitutivo” (Freud, Opere, 1927, p.537).
I contributi post-freudiani fanno prevalentemente riferimento al modello delle relazioni oggettuali e alla psicologia del sé (Greenberg e Mitchell, 1983) conseguente alla crisi della meta psicologia (Klein, 1976). Fra questi, Rosenthal (1997) considera l’azzardo come un sostituto della dipendenza dalla figura materna; l’impotenza e la passività del giocatore di fronte alla sua compulsività richiamerebbe l’esperienza di preoccupazione e insicurezza che il bambino sperimenta nei confronti dell’oggetto di attaccamento.
Uno dei testi considerati più autorevoli in materia è The Psychology of Gambling di Bergler (1957). L’autore ribadisce la posizione freudiana sull’infondatezza della motivazione economica, affermando la valenza masochistica del GAP, considerando espressione di un bisogno di punizione per le inconsce fantasie di ribellione alle istanze genitoriali. Il giocatore, secondo Bergler, è un nevrotico mancato, un malato che non sa di esserlo.
La prospettiva cognitivo-comportamentale
L’applicazione di questa prospettiva al GAP risale ai classici studi di Skinner sul condizionamento operante condotti in setting sperimentali, nei quali osservava che la risposta condizionata degli animali di laboratorio posti di fronte ad alternative di scelta veniva mantenuta anche in caso di ricompensa infrequente (Skinner, 1953; Ferster, Skinner, 1957). In base a questi risultati ottenuti con modelli animali, il comportamento di gioco dell’uomo veniva considerato come una risposta condizionata stereotipata, ripetuta in attesa della ricompensa, che poteva consistere nella vincita in denaro o nella riduzione dell’ansia.
L’approccio cognitivista ha focalizzato l’attenzione sul valore motivazionale delle convinzioni erronee del giocatore (distorsioni cognitive). Le più note riguardano la fallacia del giocatore (Cohen, 1972; Gold, 1998) che definisce la convinzione di avere più probabilità di vincere dopo aver ripetutamente perso, e l’illusione di controllo (Langer, 1975; Gonzalez, Wu, 1999), la credenza, cioè, di poter influenzare l’esito di eventi casuali; una sorta di pensiero magico che fa ritener di poter svolgere un ruolo attivo nei risultati del gioco.
La psicoterapia cognitiva consiste in un intervento a breve termine finalizzato a modificare le credenze erronee del giocatore attraverso l’utilizzo di una serie di tecniche ed esercizi da svolgere con regolarità (diari di monitoraggio, letture, compiti scritti), richiedendo una sua attiva collaborazione al trattamento (Blaszczynski, Silove, 1995).
Marvin Zuckerman
Zuckerman ha introdotto un modello pluridisciplinare delle condotte di addiction, originato dalla sperimentazione psicofisiologica di laboratorio sulla deprivazione sensoriale, basato sul costrutto della sensation seeking. Essa descrive un tratto di personalità che determina la tendenza ad incrementare la quantità di stimolazioni (endogene o ambientali) per raggiungere un livello ottimale di attivazione (arousal) del sistema nervoso. La sensation seeking comprende quattro componenti: (1) la ricerca di brivido e avventure; (2) la ricerca di esperienze; (3) la sensibilità alla noia; (4) la disinibizione (comportamentale e sessuale). Secondo Zuckerman la principale motivazione del giocatore riguarda l’eccitazione provata nell’attesa dell’esito della puntata, ovvero la ricerca di sensazioni, ”l’essere in azione”. L’autore sottolinea la necessità di considerare le differenze individuali nel grado di sensation seeking e il ruolo di mediazione esercitato dalle caratteristiche di personalità nello sviluppo del GAP. I soggetti che presentano un profilo elevato alla Sensation Seeking Scale – strumento di misurazione del costrutto validato dall’autore – e in particolare punteggi elevati alla sub scala di Sensibilità alla noia, possono giocare d’azzardo per incrementare il livello di attivazione (arousal). La dipendenza dal gioco si determinerebbe progressivamente, con l’instaurarsi del fenomeno della tolleranza del livello di eccitazione ottenuta con le scommesse. In maniera analoga a quanto si verifica nei tossicodipendenti, il giocatore perde il controllo effettuando puntate sempre maggiori e rischiose per raggiungere l’eccitazione precedentemente ottenuta con importi di minore entità (Zuckerman, 1994). I sintomi dell’astinenza descritti in letteratura psichiatrica, come nervosismo, agitazione, cefalea, disturbi del sonno, sudorazioni (Wray, Dickerson, 1981; Custer, 1984; Cunningham-Williams et al., 2009) sarebbero attribuibili, secondo questo modello, alla disregolazione del livello di arousal sperimentato dal giocatore nei momenti di sospensione delle attività di gioco.
Neuroscienze
Le tecniche di neuroimaging hanno permesso di osservare il metabolismo delle aree cerebrali dei giocatori patologici, rilevando il coinvolgimento delle stesse strutture neurologiche implicate nella dipendenza da sostanze e, in particolare, del sistema di ricompensa cerebrale (Brain Reward System). Teorizzato da Olds e Millner (1954), questo sistema corrisponde anatomicamente all’area tegmentale ventrale e al nucleo accumbens (sistema limbico) ed è considerato il direttore delle esperienze di piacere in ogni sua espressione, comprendendo numerosi e complessi circuiti neuronali e neurotrasmettitoriali (Aasved, 2003; Goodman, 2008; Potenza, 2008). La stimolazione del nucleo accumbens produce un incremento di dopamina (neuromediatore dei processi di gratificazione legati alla sopravvivenza della specie – cibo e sessualità – e non alcool, droghe, gioco d’azzardo), che spinge a ripetere l’azione che ha provocato piacere. Questa ripetizione viene interrotta da un meccanismo inibitorio (segnale di stop: sazietà, appagamento del desiderio), eccetto che nelle condizioni in cui si ipotizza la presenza di un difetto del meccanismo che induce una reiterazione dell’azione ad infinitum: è il caso dei soggetti con dipendenze da alcool, droghe o da comportamenti, azzardo incluso. A tal riguardo, Spinella (2003) ha rilevato che l’attività del sistema di ricompensa cerebrale raggiunge il massimo livello quando i premi sono imprevedibili e quindi verrebbe particolarmente stimolato dai giochi di alea. Il coinvolgimento del Brain Reward System nei processi di eccitazione e di piacere anticipatorio connessi alle scommesse ha portato alcuni autori a ritenere che il GAP, analogamente alle dipendenze da sostanze, sarebbe riconducibile ad un deficit di sensibilità (down regulation recettoriale) dello stesso sistema. In altre parole, la febbre per l’azzardo sarebbe provocata dalla necessità di sopperire ad una ridotta capacità di fruizione del piacere (ridotta disponibilità di dopamina), biologicamente determinata (Blum et al., 2000; Reuter et al., 2005; de Greck et al., 2010; Adriani et al., 2010).
BIBLIOGRAFIA
Aasved M., (2003), “The biology of gambling”, Charles C. Thomas Publishers, Springfield Illinois, USA.
Adriani W., Boyer F., Leo D., Canese R., Podo F., Perrone-Capano C., Dreyer J.L., Laviola G., (2010), “Social withdrawal and gambling-like profile after lentiviral manipulation of DAT expression in the rat accumbens”, The International Journal of Neuropsychopharmacology, 13(10), 1329-42.
American Psychiatric Association (APA), (2023), “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”, Fifth Edition, Text Revision (DSM-V-TR).
Bergler E., (1957), “The Psychology of Gambling”, International University Press, New York.
Blaszczynski A.P., Silove D., (1995), “Cognitive and Behavioural Therapies for pathological gamblers”, Journal of Gambling Studies, 11(2), 195-220.
Blum K., Braverman E.R., Holder J.M., Lubar J.F., Monastra V.J., Miller D., Lubar J.O., Chen T.J., Comings D.E., (2000), “Reward deficiency syndrome: a biogenetic model for the diagnosis and treatment of impulsive, addictive, and compulsive behaviours”, Journal of Psychoactive Drugs, 32 Suppl.: I-IV, 1-112.
Cohen J., (1972), “Psychological probability or the art of doubt”, Allen&Unwin, London.
Cunningham-Williams R.M., Gattis M.N., Dore P.M., Shi P., Spitznagel E.L., Jr., (2009), “Towards DSM-V: considering other withdrawal-like symptoms of pathological gambling disorder”, International Journal of Methods in Psychiatric Research, 18(1), 13-22.
Custer R., (1984), “Profile of the pathological gambler”, Journal of Clinical Psychiatry, 45, 35-38.
Ferster C.B., Skinner B.F., (1957), “Schedules of reinforcement”, Appleton-CenturyCrofts, New York.
Freud (1927), “Dostoevskij e il parricidio”, in Opere, vol. X, Bollati Boringhieri, Torino, 1978, pp. 519-538.
Gold E., (1998), “The gambler’s fallacy. Dissertations International: Section-B”, The Sciences and Engineering, 58(7-B): 3950.
Gonzalez R., Wu G., (1999), “On the shape of the probability weighting function”, Cognitive Psychology, 38(1), 129-166.
Goodman A., (2008), “Neurobiology of addiction. An integrative review”, Biochemical Pharmacology, 75(1), 266-322.
Greenberg J.R., Mitchell S.A., (1983), “Le relazioni oggettuali nella teoria psicoanalitica”, trad. it. Il Mulino, Bologna, 1986.
Klein G.S., (1976), “Teoria psicoanalitica: i fondamenti”, trad. it. Raffaello Cortina, Milano, 1993.
Langer E.J., (1975), “The illusion of control”, Journal of Personality and Social Psychology, 32(2), 311-328.
Potenza M.N., (2008), “The neurobiology of pathological gambling and drug addiction: an overview and new findings”, The Philosophical Transactions of the Royal Society, B 363, 3181-3189.
Reuter J., Raedler T., Rose M., Hand I., Gläscher J., Büchel C., (2005), “Pathological gambling is linked to reduced activation of the mesolimbic reward system”, Nature Neuroscience, 8(2), 147-8.
Rosenthal R.J., (1997), “The Gambler as a case history and literary twin: Dostoevsky’s false beauty and the poetics of perversity”, Psychoanalytic Review, 503-616.
Skinner B.F., (1953), “Scienza e comportamento”, trad. it. FrancoAngeli, Milano, 1971.
Spinella M., (2003), “Evolutionary mismatch, neural renard circuits, and pathological gambling”, The International Journal of Neuroscience, 113(4), 503-12.
Wray I., Dickerson M., (1981), “Cessation of high frequency gambling and withdrawal symptoms”, British Journal of Addiction, 76, 401-405.
Zuckerman M., (1994), “Behavioural expressions and biosocial bases of sensatiob seeking”, Cambridge University Press.
Articolo a cura della dottoressa Nicoletta Sottile
La dott.ssa Nicoletta Sottile, Psicologa-Psicoterapeuta, si occupa di Psicoterapia ad indirizzo Cognitivo Neuropsicologico, seguendo un approccio ermeneutico fenomenologico.