Teoria dell’Attaccamento: le interazioni tra madri e bambini piccoli

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Avere cura dei bambini

 

La Teoria dell’Attaccamento

 

A partire dai primi decenni del secolo scorso sono iniziati studi sperimentali estremamente importanti al fine di comprendere i problemi e le sofferenze che, come clinici, ci troviamo spesso ad affrontare nella nostra pratica quotidiana con i pazienti.

Sto parlando degli studi sulle interazioni madre-bambino e sulle reazioni dei bambini piccoli all’allontanamento dalla figura di riferimento.

Da questi studi osservazionali e sperimentali è scaturita la Teoria dell’Attaccamento che tanto influenza lo sviluppo psico-fisico del bambino e la vita relazionale e la serenità di molte persone adulte.

L’Attaccamento è definito come una motivazione intrinseca, un istinto, una funzione biologica che lega il bambino alla figura primaria e che prescinde dalla ricerca del cibo.

Ciò significa che in maniera istintiva il neonato, di tutte le specie animali, cerca e si attacca alla madre inizialmente non per la ricerca di nutrimento, come si era sempre pensato, ma per la ricerca di sensazioni di protezione, di calore e di affettività.

Quindi l’Attaccamento è una funzione primaria e biologicamente determinata e i comportamenti di attaccamento si attivano nel bambino, e vedremo anche nell’adulto, in situazioni di separazione reale, di timore o di minaccia di separazione.

Il fine dei comportamenti di attaccamento è quello di mantenere una vicinanza costante del neonato alla mamma e questi saranno diversi, più o meno efficaci ed evoluti, a seconda dello stile di attaccamento che il bambino ha sviluppato nell’infanzia con la figura di riferimento che chiamiamo caregiver, sia essa la mamma o qualsiasi persona che si è occupata del bambino neonato.

A seconda della capacità del caregiver di sintonizzarsi con il proprio bambino, rispondendo in maniera empatica ed efficace ai suoi bisogni, si formeranno stili di attaccamento diversi.

 

Distinguiamo modalità di Attaccamento Sicuro e Attaccamento Insicuro.

L’Attaccamento Sicuro è costruito all’interno di un ambiente accogliente e adeguatamente responsivo, da una madre che riesce a sintonizzarsi emotivamente con il bambino fornendo tranquillità, accettazione, sicurezza e protezione, nonché giusti limiti e risposte adeguate e prevedibili alle richieste del bambino.

Tutto ciò costituisce una Base Sicura, prerequisito attraverso il quale il piccolo può gradualmente sentirsi capace di allontanarsi dalla madre ed esplorare il mondo che lo circonda, con la sicurezza di essere nuovamente accolto e rassicurato all’occorrenza.

Un bambino con attaccamento sicuro, quindi, può distaccarsi dalla mamma con tranquillità, è competente nella autoregolazione delle emozioni e nel controllo degli impulsi, ha una adeguata autostima, modula i bisogni di dipendenza e di autonomia, è capace di comportamenti pro-sociali come empatia e compassione, riesce a costruire relazioni significative, è capace di accedere alle proprie risorse cognitive ed affettive ed è più protetto dagli agenti di stress emotivo.

L’Attaccamento Insicuro si determina quando il caregiver è poco empatico, respingente e giudicante. Questi adulti non sono capaci di rispondere in modo adeguato ai bisogni espressi dal bambino, creano spesso inconsapevolmente un clima di cronica frustrazione e traumi emotivi non necessariamente macroscopici ma continuamente ripetuti nella relazione con il bambino.

Questo stile implica che il bambino sviluppi nei confronti della figura di riferimento vissuti contrastanti ed ambivalenti quali amore e dipendenza ma nello stesso tempo rabbia, paura del rifiuto ed evitamento, in un paradosso nel quale proprio la presenza che dovrebbe rassicurarlo e da cui dipende è la stessa che lo fa sentire abbandonato e genera sensazioni di angoscia e insicurezza.

I bambini insicuri sperimentano elevati livelli di arousal (attivazione del sistema nervoso ed emotiva) che non sono in grado di modulare, esplorano l’ambiente con più ansia e insicurezza, hanno solitamente autostima bassa e sono dipendenti, impulsivi, oppositivi. Questi soggetti possono sperimentare sentimenti di rabbia e agire con aggressività, mancano spesso di senso di colpa o rimorso per le loro azioni impulsive o aggressive. Difettano quindi di empatia che è la capacità di percepire lo stato d’animo o la sofferenza dell’altro. Difficilmente stabiliscono e mantengono relazioni emotivamente stabili e sono più inclini a comportamenti antisociali.

Questi bambini frequentemente cercano di attirare l’attenzione del genitore con comportamenti negativi e oppositivi.

Credo non sia difficile osservare la similitudine con molte relazioni adulte caratterizzate da dipendenza affettiva, paura dell’abbandono e agiti caratterizzati da rabbia nella relazione.

I primi anni di vita rappresentano quindi una fase determinante dello sviluppo personale e sociale del bambino, il quale dovrebbe essere messo nella condizione di acquisire senso di mastery cioè di padronanza e fiducia in sé stesso come oggetto di amore e attenzione e sviluppare abilità cognitive ed affettive che portino a pattern relazionali efficaci.

 

L’Attaccamento in età adulta

 

Gli stili di attaccamento infantile influenzano fortemente i modelli relazionali degli adulti.

Nei primi anni di vita, gli stili di attaccamento sono fluidi e ancora influenzabili dalle esperienze vissute. Già dopo i primi 3-5 anni questi modelli operativi diventano invece meno duttili, più rigidi e meno influenzati dalle esperienze esterne e, il bambino prima e l’adulto poi, avrà interiorizzato schemi di comportamento e pensieri che riguardano sé stesso, il mondo degli altri e ciò che ci si può aspettare dalla relazione, ripetendo questi schemi nella propria esistenza, sia che essi siano efficaci e maturi sia che essi siano fonte di fallimento e sofferenza relazionale per sé o per l’altro.

Questo perché gli stili di attaccamento rimangono come schema relazionale per tutta la vita, vengono interiorizzati e le persone tendono a riproporre nelle loro relazioni adulte i modelli operativi interni che hanno caratterizzato il loro legame di attaccamento primario.

 

Ciascuno di noi, cioè, costruisce attraverso le esperienze relazionali che vive, soprattutto quelle infantili, degli schemi o rappresentazioni mentali di sé e dell’altro, più semplicemente possiamo dire delle informazioni che riguardano il sé e l’altro che influenzeranno il modo in cui ci relazioniamo, ci percepiamo nella relazione e percepiamo coloro che entrano in relazione con noi.

Spesso questi schemi sono tanto potenti che agiscono, o meglio ci fanno agire, senza consapevolezza di ciò che sta realmente accadendo nella relazione.

Le modalità rigide e ripetitive, nonostante la loro palese inefficacia, con le quali stabiliamo relazioni adulte perseverano perché le esperienze interiorizzate da bambini sono fortemente strutturanti.

Gli adulti che hanno sperimentato un attaccamento sicuro tendono a percepire le relazioni in modo più positivo, come fonti di arricchimento personale, l’altro viene considerato come sicuro ed affidabile, almeno fino a prova contraria, e il sé viene percepito come degno di amore e di attenzione. La sensibilità al giudizio è modulata in modo efficace.

Gli adulti che da bambini non hanno ricevuto attenzioni e cure adeguate tendono invece ad essere molto sensibili al giudizio, timorosi e rabbiosi nelle relazioni, insicuri di sé ed evitanti.

 

Nell’adulto si riconoscono i seguenti stili di Attaccamento:

Autonomi e sicuri: gli adulti con questo pattern sono stati bambini con attaccamento sicuro.

Distanzianti: sono soggetti che descrivono spesso i loro genitori in termini molto positivi ma con racconti della loro infanzia spesso incoerenti e dove si riconosce una certa idealizzazione del passato con una minimizzazione o oblio delle esperienze negative. Questi adulti mostrano una inclinazione a minimizzare le loro relazioni di attaccamento come poco significative nella loro formazione e crescita.

Preoccupati: sono adulti che sperimentano vissuti di frustrazione, rabbia e spesso passività relazionale. Come i precedenti sono stati bambini con attaccamento insicuro. Questi soggetti tendono a dare ancora molta enfasi da adulti alle loro relazioni di attaccamento e sono ancora molto coinvolti nel loro passato relazionale di bambini. Questi adulti tendono a proiettare sull’altro la responsabilità del fallimento delle loro relazioni.

Disorganizzati. Adulti che da bambini hanno fatto esperienze di trascuratezza non soltanto sul piano dei bisogni fisici ma anche sul piano delle funzioni di accudimento materno, bambini che hanno vissuto con il caregiver traumatizzanti a causa della loro incapacità di sintonizzarsi e rispondere in modo efficace e prevedibile ai bisogni del bambino.

In questa ottica è importante tenere presente che esperienze facilmente tollerabili da adulti sani non lo sono per i bambini in quanto il loro sistema cognitivo ed affettivo, non ancora maturo e strutturato, li rende vulnerabili e traumatizzabili da esperienze che, vissute in età adulta, possono sembrare banali.

Fanno parte di questi anche i bambini che hanno avuto esperienze di perdita grave e non elaborata.

 

La Teoria dell’Attaccamento in psicoterapia

 

Il lavoro clinico con gli adulti permette di rielaborare nella relazione terapeutica le esperienze di attaccamento infantili, quando queste sono fonte di disagio emotivo.

Spesso i pazienti non sono assolutamente consapevoli dei propri schemi ripetitivi ed inefficaci e tendono a proiettare sull’esterno i fallimenti delle loro relazioni.

Il terapeuta deve creare un clima di accettazione non giudicante e ricostruire insieme al paziente una Base Sicura, incoraggiandolo e aiutandolo a diventare consapevole di come le sue relazioni attuali siano troppo spesso influenzate da schemi appresi nell’infanzia.

Il terapeuta funge da ruolo materno permettendo al paziente di esplorare il suo mondo interno, le sue relazioni passate ed attuali, sviluppando capacità di “insight” e di contatto con il qui e ora.

Il passato smette di irrompere prepotentemente nel presente.

In questo modo l’angoscia di separazione, la sfiducia in sé, i comportamenti evitanti o aggressivi, i sensi di colpa e di inadeguatezza possono essere compresi, modulati ed elaborati nel processo terapeutico.

 

La dott.ssa Cristina Selvi, Psichiatra e Psicoterapeuta, si occupa di PsichiatriaPsicoterapiaOmotossicologia a Milano presso lo Studio Psichiatria Integrata in piazza Gorini 6.

Cristina Selvi

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